Considerato all’unanimità uno dei più grandi economisti di fine millennio e uno dei protagonisti della ricostruzione italiana nel dopoguerra, Donato Menichella (Biccari 1896 - Roma 1984), Governatore della Banca d’Italia dal ’48 al ‘60, rifiutò - per il suo carattere riservato e schivo - di diventare Presidente della Repubblica, come invece già allora poteva succedere a chi aveva ricoperto tale carica, ed è avvenuto per esempio nel caso di Luigi Einaudi e Carlo A. Ciampi.
Menichella divenne Governatore della Banca d’Italia succedendo nella carica a Luigi Einaudi (trasferitosi nel frattempo al Quirinale), dopo essere stato Direttore Generale dell’IRI, l'Istituto per la Ricostruzione Industriale che aveva contribuito a creare negli anni Trenta. All'epoca in cui divenne governatore, il Presidente del Consiglio era De Gasperi e il Paese si trovava appena all'inizio del grande "boom", della ricostruzione selvaggia dopo le distruzioni della IIa Guerra mondiale.
Durante il governatorato di Menichella, l'Italia passò dalle rovine della guerra al "miracolo economico". In quel periodo, dopo la devastazione materiale e morale e l'inflazione travolgente causate dal conflitto mondiale, ricostruzione e stabilità monetaria, industrializzazione e inserimento dell'economia italiana nel sistema internazionale camminarono di pari passo. E mentre il Paese viveva il suo boom, grazie a Menichella la lira si guadagnò il cosiddetto "Oscar", un prestigioso riconoscimento assegnato alla valuta più stabile al mondo.
Economista preparatissimo, uomo silenzioso e impenetrabile (non rilasciò mai interviste, né in servizio né in pensione), fece dell'antiretorica e della discrezione un abito di vita. Sempre al servizio dello Stato, Menichella è ritenuto dagli addetti ai lavori "il mastino più ringhioso" che il pubblico denaro abbia mai avuto. E non se ne può avere alcun dubbio, visto che da pensionato richiese, ottenendolo, che gli venisse dimezzata la sua pensione di governatore, così come si era autoridotto lo stipendio quando era stato Direttore Generale dell'IRI.
Quando, nel 1960, Menichella lasciò la Banca d'Italia per andare in pensione , si pensò a lui come candidato alla Presidenza della Repubblica, carica nella quale Einaudi avrebbe voluto che gli succedesse. Ma egli non volle saperne, ritenendo che la discrezione fosse il suo ultimo dovere. E rifiutò anche le profferte di chi lo voleva senatore o ministro del Tesoro, ritirandosi con riservatezza. La stessa con cui restituiva al mittente, con una garbata ma ferma lettera di scuse, ogni strenna natalizia che eccedesse il valore di poche migliaia di lire.
L'interessante e oggi forse poco conosciuta figura di Menichella, che portò l'Italia tra i Paesi industrializzati, i più avanzati del mondo, è ben tratteggiata negli articoli - buona parte dei quali firmati da personaggi autorevoli - raccolti in questo sito. A lui sono stati dedicati vari libri, tra cui: Donato Menichella. Stabilità e sviluppo dell'economia italiana 1948-1960 (Laterza, 1997) e Donato Menichella. Testimonianze e studi raccolti dalla Banca d'Italia (Laterza, 1986). Gli sono stati inoltre intitolati numerosi premi, strade e borse di studio.
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